Di palo in frasca

Breve volo su aspetti poco considerati della realtà sociale

Copyright © fin dal 25 Danilo D'Antonio


Ci apprestiamo a compiere un piccolo studio sulla realtà sociale. Tale studio è impostato proprio nel modo descritto dal titolo, saltando di palo in frasca. Procedere in questo modo è una necessità se si vuole afferrare la realtà nella sua interezza. La realtà procede in modo sequenziale, svolgendosi nel tempo, ma ha anche la caratteristica di spandersi, ampliarsi nello spazio. In questo momento storico noi prediligiamo l’approccio sequenziale alla realtà, penalizzando l’approccio parallelo. Il linguaggio stesso da noi tutti usato è essenzialmente sequenziale: le parole si svolgono lungo il “filo” del discorso. Per questo motivo attraverso il linguaggio si può comunicare una realtà molto limitata e spesso vale più una pausa di silenzio, in cui la nostra mente può riprendere l’ampia estensione che le è congeniale, che le classiche mille parole. 1

La dote dell’intelligenza è tipica dell’approccio sequenziale della mente: questa si sviluppa ramificandosi ed ogni ramo è una penetrazione profonda nella realtà. Un tipico esempio di questo sviluppo mentale è la specializzazione, per l’appunto oggi così diffusa. L’intelligenza, la specializzazione, permettono di raggiungere grandi risultati in ogni scienza od applicazione. Eppure, nonostante i successi ottenuti, l’essere umano non ha mai vissuto un periodo di così grande confusione ed incomprensione.

Proprio un modo di procedere, nella propria mente come nella società, ognuno sul proprio ramo, completamente scisso, diviso dal resto che lo circonda, è infatti uno dei motivi più importanti all’origine dei problemi che viviamo ai nostri giorni.

La realtà è sia lunga che larga, sia larga che profonda. Per ciò all’approccio di conoscenza di tipo sequenziale va affiancato l’approccio parallelo. Quando si accinge alla risoluzione di un problema oggi l’essere umano focalizza quasi completamente la sua attenzione su ciò che riguarda il suo problema. Intorno a lui possono accadere i fatti più rilevanti, lo “specialista”, il “professionista” non se ne occuperà minimamente. Questi fatti, si è convenuto, non sono di sua competenza. In questo modo fatti, che magari possono rendere addirittura inutile occuparsi di quel dato problema od addirittura ne palesano dannoso lo sviluppo di una soluzione, vengono completamente ignorati. Ne consegue un operato a livello sociale chiaramente disorganico.

E’ importante notare che un simile fenomeno non è limitato in uno stretto ambito ma coinvolge tutti i livelli e le sfere della società. TUTTI. La realtà sociale si esprime attraverso numerosi aspetti: politico, scientifico, religioso, economico, filosofico, storico, morale, ludico, culturale, artistico, psicologico ... Ebbene ognuno di questi aspetti viene tuttora curato indipendentemente dalle conoscenze raggiunte negli altri campi. Un sapere ed un operato divisi, disorganici è il minimo che possa derivarne.

A ben pensare, però, c’è qualcosa di palesemente comune a tutte le branche di umana espressione: l’economia. Tutto ciò che viene fatto nel mondo è, oggi, soggetto ad una legge precisa. La legge della convenienza economica. Si intraprende un’opera solo se è conveniente economicamente. Ma, attenzione, il fatto che sia economicamente vantaggiosa non significa affatto che lo sia anche per l’essere umano, inteso sia come singolo sia come intera umanità.

L’economia, fondamentalmente, è l’estrazione di beni da parte dell’essere umano dal suo ambiente naturale o culturale, con tutti i processi di scambio che ne conseguono. L’economia è, od almeno dovrebbe essere, un mezzo di sostegno e sviluppo dell’essere umano. Da mezzo, però, è diventato fine scalzando l’essere umano dal suo posto di maggiore priorità nella scala di valori che dovremmo a ben ragione avere nella nostra mente. Nel mondo riusciamo a produrre ricchezze inaudite che permetterebbero all’essere umano, a tutti gli esseri umani, di vivere una vita meravigliosa, equamente ripartita tra le attività fondamentali di lavoro e riflessione, ed invece continuiamo ad incentivare lo sviluppo di una cieca economia che a questo punto diviene ... antieconomica.

Osserviamo la “crisi economica” che oggi ci affligge non solo localmente ma globalmente. Innanzitutto se osserviamo questa crisi da vicino, dal di dentro, magari con la mente piena di interessi personali, difficilmente ci capiremo qualcosa. Bilanci, conti, diagrammi, pagine e pagine di cifre: impossibile districarsi. Proviamo invece a guardare le cose più da lontano. Apparirà evidente che la crisi economica è crisi di modello, di disegno, di progetto, non di produzione. Oggi con la tecnologia riusciamo a produrre tutto quello che non avremmo mai immaginato, né in quantità né in qualità, a prezzi irrisori. Oggi tutti i bisogni di tutti gli esseri umani, compreso il bisogno primario di sviluppo (dell’essere umano, però, non dell’economia) potrebbero essere soddisfatti, solo che lo volessimo. L’economia intesa come mezzo non ha difficoltà. Enormi difficoltà invece ha quella parte di economia che vorrebbe sviluppare ulteriormente se stessa ben oltre i naturali bisogni dell’essere umano.

C'è stato un tempo in cui il lavoro era una esperienza dell'essere umano tesa a risolvere una emergenza di tutto rispetto: la sua sopravvivenza. Non potè che affermarsi un'economia di emergenza basata sulle dure leggi della competizione. Se c'era cibo sufficiente per uno era logico che due lottassero. Ma l'essere umano è uscito dall'emergenza e l'economia non può rimanere la stessa. Qui si afferma che la crisi non è economica, poichè l'umanità è immensamente ricca. E' in crisi il modello economico basato sulla competizione e la lotta. E' in crisi la concezione che l'essere umano ha di sè: un individuo singolo che non ha bisogno di nulla e di nessuno e per ciò prende a destra ed a manca senza nessuna considerazione.



Bene, a nostro avviso vanno invece fatte molte considerazioni. Innanzitutto capire cos'è una crisi. Ai nostri giorni questa parola ha assunto una connotazione quasi esclusivamente negativa. Eppure, se si prende un comune vocabolario, si vedrà che essa esprime semplicemente un mutamento rapido di una condizione. Non ha valore negativo o positivo. Semplicemente afferma che le cose stanno cambiando.

Proprio questo sta succedendo oggi nel mondo e, sia cadere in prostrazione, sia opporsi ai cambiamenti, sia voler a tutti i costi continuare su strade che ci hanno, sì, dato molto ma che ora sono divenute solo fini a se stesse e dannose per l'umanità tutta, è un comportamento destinato ad ogni genere di insuccesso. E' necessario rendersi conto che il cambiamento in atto è globale, investe tutti i popoli del mondo e tutti gli ambiti in cui essi si esprimono e, quindi, anche il modo, il metodo usato per affrontare i problemi deve essere globale.

Facciamo una piccola considerazione sulla globalità. Fino a qualche decennio fa i popoli erano realmente divisi da grandi distanze di terra e di mare. Ma questo oggi non risulta essere più: oggi siamo uniti da una ragnatela di vie di comunicazione in grado di spostare merci e persone fino all'inverosimile e, cosa ancor più importante, le menti di tutti i popoli sono unite da una rete telematica, telefonica, mass-mediale tale che è divenuto impensabile non abbandonare la competizione, oramai divenuta sterile ed angosciante, per abbracciare invece la cooperazione, più proficua sotto tutti gli aspetti.

Si dirà che siamo ancora divisi da credi politici, religiosi, morali e culturali in genere. Ma, se ci confrontiamo tutti positivamente, ciò che di utile, vantaggioso c'è in una cultura non può non affermarsi e quanto di inutile e dannoso non può non essere dimenticato. Per di più è opportuno chiamare in causa la fisica, la matematica, la scienza in genere. Per quel fenomeno di diffusione capillare del modello fondato sulla specializzazione di cui parlavamo prima, relativo sia all'individuo sia all'ambito in cui egli si applica, le idee politiche, religiose e culturali in genere non hanno, finora, risentito di alcune importanti ricerche scientifiche, dei loro risultati e delle conclusioni che se ne possono trarre.

E' già da diverso tempo che sia i ricercatori rivolti a ciò che è straordinariamente piccolo (i livelli subatomici della materia) sia i ricercatori rivolti a ciò che è straordinariamente grande (l'Universo) hanno potuto verificare che gli attuali modelli di comprensione della realtà, pur di valido aiuto per tanto tempo avendo permesso lo sviluppo tecnologico cui siamo giunti, non sono sufficienti a comprendere per intero i fenomeni da loro osservati. Sia la fisica subatomica che l'astrofisica hanno dovuto far ricorso ad altri modelli, ad altre raffigurazioni per comprendere e poi applicare i fenomeni osservati. Da un modello di realtà statico, immutabile, si è passati ad un modello fluido, dinamico. Dalla concezione di una realtà divisa, scollegata, si è passati ad una caratterizzata da totale interdipendenza. Un insieme mutevole ed interconnesso. 2

Cosa ha a che fare tutto ciò che accade fra fotoni, protoni, galassie e buchi neri e l'essere umano con le sue occupazioni quotidiane? Ebbene ciò che è successo ai fisici è di grande aiuto a tutti noi per comprendere quanto ci sta accadendo intorno. In effetti ci troviamo nella loro identica, trascorsa situazione e le difficoltà che viviamo oggi nel mondo sono dovute all'odierna inapplicabilità di modelli mentali, di raffigurazioni della realtà parziali e vecchi davvero di millenni.

Quando un essere umano, ognuno di noi, desidera comprendere un fenomeno della realtà per meglio rapportarsi ad esso non fa che prendere a prestito l'immagine di un altro fenomeno che ha già sufficientemente compreso e, per semplice analogia, trasferire la conoscenza dell'uno all'altro fenomeno. Tale processo di apprendimento, dapprima conscio, con gli anni diviene inconscio, tale che dimentichiamo l'origine e la relatività della nostra conoscenza. Succede infatti che la conoscenza tratta da un fenomeno non è sufficiente a spiegare tutti gli aspetti di un altro fenomeno e qualora ci si volesse ostinare utilizzando sempre gli stessi modelli mentali si otterrebbe una percezione, una coscienza della realtà limitata, parziale, rigida, non utile a muoversi con successo in essa. Ciò è proprio quanto accade oggi con terribile frequenza.

Insomma, perdonate la franchezza: tutto ciò che abbiamo in mente e pensiamo essere la realtà in effetti non lo è. Pensiamo a quando sorseggiamo un bicchiere di buon vino. Possiamo cercare di capirlo, interpretarlo, descriverlo quanto vogliamo ma se lo vogliamo davvero bere ... dobbiamo berlo! 3

Sorge la necessità, quindi, di considerare ogni idea, ogni opinione, ogni convinzione che abbiamo in mente e di controllare se è ancora valida, utile a noi stessi ed alla società tutta. I fisici hanno dato il buon esempio mettendo in discussione quanto avevano di più caro: i concetti di spazio e tempo. Ma questa è una operazione da estendere a tutti i concetti e, ripetiamo, tutto ciò che abbiamo in mente è solo un concetto, un'idea, un'immagine della realtà fisica e sociale.

Spazio, tempo, peso, materia, energia, anima, dio, io, famiglia, libertà, arte, progresso, giustizia, lavoro, sviluppo ... Tutta la nostra cultura è piena di idee meravigliose ma nessuna dotata di valore assoluto. Ecco perchè alla parola cultura va affiancata un'altra parola altrettanto importante: ricerca. Senza la ricerca, da applicarsi quindi non più soltanto in ambito scientifico ma anche e forse soprattutto, in questo particolare periodo storico, in campo umanistico, la cultura non può che divenire un confuso brodo ristagnante.



In verità c'è da dire che oggi si fa ricerca, ma è importante osservare che questa si sviluppa pressochè solo sui rami di un sempre medesimo albero di conoscenza. Ora è bene capire che le radici di tale albero risalgono ad un passato molto lontano la cui realtà, le cui possibilità, le cui esigenze erano molto diverse dalle nostre. Sorge spontaneo chiedersi se la ricerca non debba moltiplicare oltre che i rami anche le proprie radici. I fisici hanno abbandonato i modelli di spazio e tempo rigidamente meccanici, statico il primo e lineare il secondo. Ebbene: è possibile che questi modelli così perentori non debbano essere discussi e magari affiancati da altri anche nell'ambito di altri ambienti che non siano quelli scientifici o quello, materiale, in cui si muove quotidianamente l'essere umano? Come è possibile che per un fisico spazio e tempo siano così relativi e per una persona dedita al governo, alla religione, all'economia, ma anche per un educatore, per un medico, uno psicologo od un qualsiasi altro professionista queste grandezze permangano di valore assoluto?

A nostro avviso stiamo vivendo in un'epoca che potrebbe esser davvero meravigliosa. La tecnologia, con l'elevato sviluppo delle comunicazioni, permette uno scambio di informazioni mai reso possibile prima d'ora. In fin dei conti la confusione, la mancanza di certezze, di punti di riferimento, deriva proprio da questa ipercomunicazione che ha messo a contatto realtà di ogni tipo e luogo. Ma ogni confusione è foriera di chiarezza se si mantiene una aperta disponibilità alla comprensione e riteniamo sia il caso di essere ottimisti confidando nella grande voglia di vivere che certo non può mancare in ognuno di noi. Tant'è: il rischio che uno dei qualsiasi dei tanti problemi di oggi cresca più del previsto è davvero grande e dobbiamo adoperarci tutti positivamente.

La grande capacità di comunicazione sta rendendo possibile un fenomeno rimasto sconosciuto molto a lungo: l'interdisciplinarietà. Oggi ogni ramo del sapere umano può congiungersi all'altro in una fitta rete di collegamenti, scambi, ricerche tale che una coscienza acuta, specialistica, intelligente, può essere agevolmente integrata con una coscienza diffusa, globale, saggia. In effetti l'intelligenza ha bisogno della saggezza, del resto così come la saggezza dell'intelligenza. L'una è complementare all'altra e noi da tempo immemore non facciamo che usare solo una delle due tendenze naturali della mente.

Certo, per comunicare esperienze di tipo molto diverso si dovrà sviluppare un nuovo tipo di linguaggio, una scienza dell'interdisciplinarietà, un sapere che renda possibile districarsi tra quark, leggi e decreti, batteri, indici di borsa, sacramenti religiosi e politici, formule matematiche, cromosomi, microchips ... Che confusione, vero? Sembrerebbe impossibile una simile impresa. Eppure non lo è. Ma prima di proseguire e spiegare questo ottimismo è necessaria una ulteriore digressione.

Normalmente consideriamo, studiamo e traiamo insegnamento da periodi storici molto prossimi al nostro presente. Raramente consideriamo ciò che è accaduto prima del '900 ed in ogni caso pensiamo che quanto accadde prima d'allora non ci riguardi in nessun modo. Eppure esistono cicli storici brevi, cicli storici lunghi e cicli storici lunghissimi. Alzando la testa dai libri di storia contemporanea e tornando anche qui alle nostre radici si potranno fare interessanti scoperte. Una riguarda proprio quella conoscenza interdisciplinare cui si è appena accenato.

In effetti una simile arte esisteva già parecchio, ma davvero parecchio, tempo fa. Oggi di questa conoscenza arcaica rimangono poche tracce che non consentono di comprendere appieno, nell'immediato, le sue potenzialità, ma ciò che è rimasto è comunque sufficiente per capirne la validità. Essa si basava sulla semplice constatazione che tutto ciò che avviene nel mondo, sia ciò di cui è artefice l'essere umano sia ciò che compie la natura, è in realtà soggetto alle stesse identiche leggi che regolano quest'ultima. Naturalmente la conoscenza di leggi comuni ad ogni manifestazione umana avrebbe permesso una organizzazione efficace, coerente con gli scopi che a gran voce affermiamo di voler ottenere. Purtroppo, ad un certo punto della nostra storia, abbiamo dato a noi stessi un'importanza, una dignità eccessiva all'interno del quadro naturale, abbiamo accordato a noi stessi tali caratteri di discendenza sovrannaturale che abbiamo creduto che il frutto del nostro lavoro, idee od oggetti materiali, sfuggisse alle ampie ed accoglienti leggi della natura. Col risultato che oggi per noi la parola "artificiale" non rientra sempre e comunque nell'ambito "naturale" ma ha valore assoluto. Da qui ogni genere di fraintendimento. 4

In realtà ciò che si osserva in biologia è utilissimo a capire le strutture sociali, ciò che si studia in fisica chiarisce l'economia, e la politica potrebbe essere perfettamente compresa e praticata da un chimico, solo che lo volesse. Non è vero purtroppo il contrario, poichè le scienze umanistiche, proprio per quella distanza da noi stessi presa nei confronti della natura, sono quanto di più aleatorio, immaginario, fantasioso, irreale possa esistere. Per giunta un pensiero, una filosofia che si discosti dall'ordine naturale non è in grado di capire nemmeno se stessa e la situazione odierna ne è la prova più che tangibile.

Bene. Parlavamo di una antica scienza interdisciplinare. Per amor del vero si deve aggiungere che un clamoroso insuccesso accolse anche quegli esseri umani che nel passato svilupparono questa sapienza. Anche loro, infatti, caddero nell'esagerazione, seppur opposta alla nostra: furono solo saggi senza essere intelligenti e, per un tale sviluppo incompleto del loro essere, scomparvero lasciando libero spazio alla futura schiatta degli intelligenti: noi.
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Oggi però, finalmente, ci è data l'opportunità di compiere la grande sintesi tra intelligenza e saggezza, tra pensiero sequenziale e pensiero parallelo e, potendo questa occasione sfuggirci come qualsiasi altra, sarà meglio darci da fare per coglierla. E qui dobbiamo parlare, sempre rimanendo in lieve volo sugli argomenti considerati, della capacità di intervento, dello spirito di ricerca dell'essere umano d'oggi. Prima ancora, però, è bene compiere una breve osservazione su questo stesso scritto, anch'essa pertinente.

Oggi siamo abituati ad una particolare modalità di lettura. Un autore dei nostri giorni espone nella sua opera un argomento in particolare, cogliendolo dall'inizio alla fine, seguendo appunto il metodo sequenziale. Questo tipo di esposizione ha innegabili vantaggi permettendo una elevata conoscenza dell'argomento. Oltre ai pregi però ci sono anche delle manchevolezze. Ad esempio non è permessa una visione più ampia, necessaria per capire l'origine estesa e le influenze anch'esse estese dell'oggetto della nostra considerazione. Ma ciò che ora ci interessa soprattutto è che una esposizione sequenziale accompagna il lettore per mano lasciandogli poco spazio per le proprie riflessioni. Il lettore rimane preminentemente passivo di fronte ad un lavoro già ampiamente sviluppato. Uno scritto "parallelo" ha caratteristiche esattamente complementari. Esso rimane necessariamente alla superficie dei temi affrontati ma coglie una visione d'insieme. La lettura può essere spesso interrotta per permettere un accurato lavoro di riflessione individuale. Il lettore è più attivo e coinvolto.

Come si vede, quanto detto non è disgiunto da una analisi dell'attitudine all'iniziativa, alla ricerca individuale come viene compiuta oggi. L'organizzazione specialistica del mondo moderno costringe in svariati modi l'individuo in uno stretto e buio cunicolo all'interno di quella immensa e succulenta torta che è la realtà tutta. In particolare c'è da dire che l'essere umano è imprigionato da una gabbia di competenze che lo rende passivo, inerte e gli impedisce qualsiasi espressione autenticamente originale. Dopo un po' questo atteggiamento passivo, questa coscienza di non-competenza si diffonde profondamente nello spirito dell'essere umano che finisce per attendere il rimedio ad un male solo dall'altrui intervento.

Ma la prigione in cui è troppo spesso racchiuso il nostro spirito di ricerca ha anche altre origini, tanto antiche e profonde che è molto difficile vederle rimanendo chiusi in una ristretta ottica di analisi. Da millenni l'umanità vive profondamente immersa in una cultura smaccatamente sottomessa ad un pensiero religioso teistico. Se qualcuno crede di sfuggire a questa realtà per il semplice fatto di dichiararsi laico, cade in inganno perchè la cosa in tutto questo tempo, di generazione in generazione, c'è penetrata nel sangue. Ebbene il teismo, l'aver uno o più dei a disposizione, dipinti perfino con le nostre fattezze, ha come diretta conseguenza la scelta di una pratica interiore precisa, univoca: la preghiera. Per qualsiasi suo bisogno o desiderio l'essere umano, dall'avvento del concetto di "dio", ha pregato che l'oggetto dei suoi sogni si realizzasse. L'essere umano ha riposto per millenni gran parte della sua capacità creativa, generatrice, evolutiva della realtà nel dio togliendola a se stesso. Il debole detto "aiutati che dio t'aiuta" non ha certo potuto ristabilire l'equilibrio. 6

E così la società tutta tende a svilupparsi in questa maniera: le persone vogliono, chiedono, pretendono e se non ottengono passano al dissenso, alla protesta, alla lotta. Quell'espressione così meravigliosamente vitale che è lo spirito di ricerca, l'unico vero, efficace metodo di sviluppo, di crescita, individuale dapprima e poi sociale, finora è rimasto soffocato. Ma anche lunghi cicli storici hanno un loro capovolgimento ed è auspicabile che quest'epoca, la nostra, veda un risveglio del miglior pensiero umano.

Prima di concludere questa veloce galoppata su un lato oscuro della nostra coscienza, desideriamo aggiungere qualcosa a proposito del teismo. L'idea di un dio sovrannaturale, disgiunto dalla natura 7, ha contribuito decisamente al sorgere dell'idea di un essere umano anch'esso isolato dall'ambiente, un IO separato dal resto che lo circonda. Tale separazione tra Dio e Natura, tra Essere Umano ed Ambiente impronta da tempo immemore la nostra cultura. Ogni oggetto da noi osservato, infatti, viene considerato separato dal tessuto circostante, come potesse avere vita propria, come fosse autogenerato.

E così oggi giudichiamo un malvivente senza affatto intervenire sull'ambiente e sulla società che lo resero tale, diamo la caccia ad un virus senza offrire gioia e vitalità al corpo in cui si aggira, e se studiamo una stella nel Cosmo riteniamo ancora di valore assoluto l'idea di una forza gravitazionale intrinseca al pianeta od alla stella stessi. Non prendiamo affatto in considerazione il modello, certamente di pari interesse, dove queste forze, invece che scaturire dal centro dell'astro, convergono dalle profondità dello Spazio. In realtà più che di forza di "gravità" si potrebbe non a torto parlare di forza di concentrazione dell'Universo.

Abbiamo detto che stiamo vivendo in un'epoca meravigliosa e lo ripetiamo. Se integreremo, e sta a noi, ad ognuno di noi, farlo, l'intelligenza con la saggezza, la cultura con la ricerca, la specializzazione con l'interdisciplinarietà, l'egocentrismo con una coscienza sociale, globale, cosmica, l'essere umano con la Natura, potremo godere tutti subito di immensi benefici concreti.




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Note


1) In occidente Edward De Bono ha esposto per esteso una simile teoria in molti lavori tra cui Il pensiero laterale, Rizzoli Editore; La rivoluzione positiva, Sperling e Kupfer. Egli finalizza il suo modello di pensiero verso scopi di creatività manageriale, in quanto un uso più ampio e flessibile della mente porta al sorgere di ricche ideee ed intuizioni. Proprio ciò che da sempre insegnano i maestri di pensiero dell'oriente, quando narrano le loro esplorazioni nel mondo della meditazione.

2) Nel 1975 il fisico americano Fritjof Capra pubblicò nel suo Paese il Il Tao della fisica. Giunto in Italia nel 1982, per l'Adelphi Edizioni, è ancor oggi poco letto e meditato ma a torto. In esso l'autore riporta una splendida sintesi della fisica moderna. Egli pone a confronto il pensiero degli scienziati d'oggi, che si avvalgono di poderose strumentazioni artificiali, ed il pensiero dei mistici del passato, che si avvalevano di strumenti non meno potenti ma più impalpabili, come una ipersviluppata capacità di osservazione e riflessione. La similitudine degli esiti di ricerche così distanti tra loro, nel tempo e nel metodo, sono impressionanti e fanno ben sperare in un ritorno ad un approccio di conoscenza più umano e meno strumentale.

3) Noi non conosciamo la realtà com'è, ma ci è concesso di far uso delle nostre costruzioni mentali per raggiungere i nostri scopi. Questa è l'essenza della relazione del neurobiologo Walter J. Freeman, dell'Università di Berkeley, California, ad un convegno tenutosi a Milano nel '94. Vedi articolo di Gaia Varon sul quotidiano "La Voce" del 28 maggio '94. Ed ancora: "Tutti i concetti che usiamo per descrivere la natura sono limitati; non sono aspetti della realtà, come tendiamo a credere, ma creazioni della mente." afferma Fritjof Capra nella sua opera, già citata.

4) La scienza arcaica interdisciplinare cui si accenna è ciò che ha dato origine alle varie religioni che ancor oggi imperano sul pianeta. Esse sono infatti le diramazioni di un'unica conoscenza originaria dal cui carattere di universalità si sono purtroppo allontanate. Si consiglia in proposito la lettura di Breve storia delle religioni di Ambrogio Donini, Newton Compton Editore. Si tratta di uno strumento indispensabile per far luce sul fenomeno religioso; Il libro degli insegnamenti di Lao-Tzu, a cura di Thomas Cleary, Mondadori Editore è un compendio di quella Sophia Perennis, quella scienza di universale validità di cui abbiamo oggi bisogno per fare luce sull'intero fenomeno della vita.

5) Taoisti, Etruschi, Aztechi, Inca: sono solo alcuni tra i popoli di grande sapienza che hanno dovuto soccombere di fronte a popoli meno saggi ma più armati di intelligenza e soprattutto degli strumenti di morte che essa ha permesso si costruissero.

6) Rimandiamo anche qui il lettore alla Breve storia delle religioni sopra citata. Per godere invece dello splendido, ricchissimo panorama di pratiche religiose e mentali di cui disponiamo, potremo rivolgerci ai seguenti titoli: Tecniche della meditazione orientale di Claudio Lamparelli, Mondadori Editore; Il libro arancione di Bhagwan Shree Rajneesh, nelle Edizioni Mediterranee.

7) La religione primigenia, quella che per prima ci condusse verso sconosciuti fertili orizzonti emotivi e di conoscenza, il paganesimo, attribuiva invece proprio alle forze della natura il ruolo e la dignità di dei.

Brano tratto da
Di palo in frasca
Breve volo su aspetti poco considerati della realtà sociale

di Danilo D'Antonio, Demian Edizioni
primo volumetto della collana
Il Millennio di Gaia.



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