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INSENSATO, INAUDITO, IMPOSSIBILE! Nel bagaglio culturale dell'umana società sono riposti alcuni pregni aggettivi che periodicamente ci affiancano in momenti particolari della nostra evoluzione. Da sempre pochi esseri coraggiosi cercano soluzioni appropriate ai tremendi problemi ereditati dalle legioni di stolti che li hanno preceduti ed ancora li accompagnano, addentrandosi in una giungla di pensiero che nessuno ha ancora, mai, prima attraversato. Proprio quegli stolti, quegli irresponsabili che hanno originato situazioni di immani difficoltà, udendo idee originali, mai pronunciate prima, che appaiono necessariamente insensate alle loro anguste visioni e per questo impossibili, ripetono fino alla loro nausea le parole: insensato, inaudito, impossibile! Queste invece son sempre state parole dal suono melodioso per i grandi esploratori, per i grandi innovatori, per i grandi solutori. Quando le odono, sono sicuri di esser, dopo tante fatiche, ormai quasi giunti alla méta. Insensato, inaudito, impossibile! Tal quale poteva apparire appena cent'anni fa andare sulla Luna. O tal quale poteva sembrare il solo pensiero di comunicare tra noi, grazie ad una rete di computer, appena qualche decennio fa. Insensato, inaudito, impossibile! Proprio come doveva apparire anche solo l'idea di abolire la schiavitù o di estendere il diritto al voto alle donne. Insensato, inaudito, impossibile! Ebbene: queste son di certo espressioni da cogliere. Si tratta di termini significativi, che vanno compresi: esse segnalano la presenza di chi davvero desidera cambiare le cose, di chi davvero desidera far girare il mondo in una diversa, giusta direzione. E per questo si adopra per rendere reali una marea di cose che appaiono al momento insensate, di certo inaudite, apparentemente impossibili. Così come oggi può apparire l'idea di distribuire gli incarichi del pubblico impiego rigorosamente a tempo determinato tra coloro che, dotati delle competenze necessarie al ruolo, siano desiderosi di servirvi. Eppure, se si desidera condurre una buona vita, occorre stabilire delle regole corrette. E se davvero si concepisce il senso del vivere in una Democrazia, non si può pretendere che la Cosa Pubblica, la Res Publica (quindi innanzitutto impieghi, poteri e redditi pubblici) sia di fatto proprietà di una minoranza della popolazione, di una aristocrazia di burocrati, di una casta di carrieristi. Difatti a tutt'oggi le nostre non sono delle Repubbliche, bensì Cosa Loro: proprietà degli assunti a vita nei pubblici impieghi. Delle vere e proprie tirannidi pronte al dispotismo. Tanto in Italia quanto nella UE, come nel resto del mondo. E così dobbiamo deciderci, noi cittadini, a stipulare un patto ben preciso: chiunque venga assunto nella Res Publica si impegna a restituire al popolo, allo scadere di un tempo determinato, il ruolo che gli è stato assegnato, proprio come già fanno Deputati e Presidenti. Questi, senza mai mettere in dubbio la cosa, se ne tornano regolarmente alle loro case, perché tutto vogliono tranne che essere considerati tiranni e trattati come tali. Insensato, inaudito, impossibile! Amiamole queste parole, aneliamole, sognamole. Perché esse ci segnalano l'arrivo di nuovi e più pregni valori, di nuovi e migliori percorsi, di nuove e più belle modalità e finalità di vita. Finchè non le sentiremo gridate forti intorno a noi, possiamo esser sicuri che nulla davvero starà cambiando. Danilo D'Antonio Laboratorio Eudemonia Pacificamente, legalmente, civilmente, facciamo evolvere l'Italia e l'intero Pianeta. La Repubblica: accessibile, dinamica, fluida, osmotica, partecipata, vissuta. Fe-li-ce! Fate che anche voi possiate un giorno dire: non tutti fummo ciofeche e fetecchie. Copyright & ServiceMark Laboratorio Eudemonia Alcuni diritti concessi A R M O N I C A R O T A Z I O N E S O C I A L E |