LA POLITICA DEI PUNTI NOTEVOLI

Copyright © Danilo D'Antonio 21/07/39 - Alcuni diritti concessi - Invio




Dappertutto oggi si sente parlare di cambiamento. Più o meno tutti invocano o propugnano un cambiamento nella società. Il genere di interventi cui però ci si riferisce è superficiale e localizzato in limitati quanto marginali ambiti di essa. Al contrario oggi occorre intervenire in profondità, direttamente alle fondamenta dell'edificio sociale al fine di ricostruirlo per intero. E se la nostra attuale politica è ancora basata sul peso degli schieramenti, sulla forza bruta, numerica delle persone che si raggruppano in campo, e non su ciò che invece necessita fare, su ciò che la situazione effettivamente richiede, sulle cose come realmente sono, al contrario è giunto il tempo in cui occorre rivolgerci alle poche ma solide certezze culturali di cui disponiamo per aiutarci ad edificare una migliore nuova società.

La vita infatti è un vortice in cui è difficile mantenere dei riferimenti, nulla di concreto rimanendo fermo ed immutevole nel tempo. Tuttavia, pur nel tempestoso procedere delle nostre cose, pur la verità essendo in gran parte inafferrabile per noi umani, nella nebbia è possibile scorgere dei punti notevoli che sopra ogni altro si stagliano ed usarli come riferimenti abbondantemente affidabili. Essi sono un po' come inamovibili promontori cui attorno tutto turbina ma che nulla può spazzar via. Ebbene: almeno quattro di questi riferimenti, almeno quattro certezze, sono già a nostra disposizione per permetterci di costruire un nuovo edificio sociale in grado di contenerci tutti con totale benessere di ognuno e di mantenere intatta nel tempo questa sua qualità.


La prima certezza, per nostra fortuna già acclarata, è l'istituzione della Repubblica. Se vogliamo che sia curato l'interesse di ognuno occorre inevitabilmente disporre di una forma di governo in cui la sovranità sia attribuita al popolo ed il cui potere esecutivo venga esercitato da cittadini eletti per un periodo di tempo determinato. Ed entro certi limiti così infatti già è. La seconda certezza, questa ancora da affermare e doppiamente importante perché pure in grado di rinforzare la prima, è l'istituzione di una Pubblica Amministrazione che coinvolga e permetta la partecipazione alla vita civile del Paese idealmente a tutti i cittadini (l'ideale partecipativo essendo richiamato nella nostra stessa Costituzione al suo Articolo 3) per un periodo di tempo altrettanto determinato.

Affinché l'Italia divenga davvero una Repubblica occorre che le risorse che costituiscono la PA, risorse pubbliche per loro stessa definizione, siano assegnate non più a vita, creando di fatto piccoli e grandi despoti e favorendo ogni genere di corruzione e collusione, bensì occorre che una ben studiata rotazione redistribuisca costantemente e regolarmente i suoi ruoli, redditi e poteri.


La terza certezza è l'istituzione di un sensibile equilibrio dinamico di attività economiche tra la sfera pubblica e quella privata. Occorre infatti non solo costituire un sistema in grado di garantire ad ognuno sufficiente lavoro, reddito e partecipazione civile ma anche riequilibrare il nostro assetto economico e rifocalizzarne obiettivi e metodi. Non è possibile continuare a permettere che la sfera privata spadroneggi e saccheggi, come ancor oggi fa, popolazione e territorio. Al contrario occorre che un numero sufficiente di attività economiche oggi private siano ricondotte all'interno della nuova PA, fino al raggiungimento di una metà dell'intero. Questa terza istituzione è quella che offre durevole equilibrio. La seconda, grazie alla rotazione, è quella che dona armonia sociale. E se la prima ha fornito la stabilità necessaria, la prossima, l'ultima istituzione del quadrittico, ci regalerà l'altezza.


La quarta certezza è la consapevolezza che un generale progresso viene da tempo ostacolato anche da quell'istituzione tuttora, ma ormai indebitamente, chiamata religiosa. Essa non si è premurata affatto di evolvere nel tempo ed oggi è ridotta a null'altro che un cumulo di credenze irrazionali, di dogmi superstiziosi. In questo modo essa ostacola proprio quel genuino sentimento religioso che è proprio dell'essere umano e che va invece giustamente lasciato libero di svilupparsi. Occorre quindi liberare la società dalla nefasta influenza dell'istituzione superstiziosa, a cominciare dal metodico plagio dei minori, relegandola in uno dei musei di sua proprietà. Allo stesso tempo occorre focalizzarci su quell'etica perennemente a disposizione di ognuno, perché accessibile tramite l'osservazione diretta della realtà, e creare organizzazioni, strumenti e pratiche sociali che ci mantengano uniti sulla base di questi eterni e del tutto condivisibili valori.

Proprio la collettiva scoperta ed il pieno assorbimento di questi valori può trasformare e potenziare il nostro modo d'essere al punto da far brillare e valorizzare i tre punti precedenti, complessivamente pacificando e quindi potenziando la società ben oltre un ipotetico livello che oggi possiamo riuscire ad immaginare.


Oggi v'è un unico ostacolo alla realizzazione della nostra felicità sociale: il continuare a raggrupparci in schieramenti. Se un tempo l'individuo, essendo debole, non poteva far altro che riunirsi in gruppi per far fronte ad altri gruppi, oggi è proprio il proseguio di questa pratica ad impedirci di avanzare. Proprio quelle organizzazioni che un tempo ci hanno aiutato oggi divengono ingombranti, pesanti, inutili armature e ci trattengono nel passato. Se accetteremo di rompere le fila, abbandonando queste pur sempre piccole vecchie corrotte formazioni, se accetteremo di appartenere ad un unico più grande gruppo, quello umano, potremo ricostruire la nostra società su basi nettamente migliori.

L'essere progressisti oggi parte da qui: dal procedere soli, non affiliati a nessun gruppo o fazione. Perché la debolezza di un individuo è anche la sua sensibilità e raffinatezza di pensiero ed accettando di essere deboli noi stessi, non più marionette nelle mani di leader, non più ignoranti membri di forti ma rozze, tonte e prepotenti associazioni, avremo spalancato le porte ad una società capace di percepire ogni singola e più minuta esigenza al suo interno e di farsene immediato carico con successo. Essere soli oggi, non accettando di partecipare ad altri gruppi di stampo tradizionale e tantomeno di costituirne di propri, bensì focalizzandosi e lì, sì, concordando su singoli obiettivi e cooperando pure al loro raggiungimento, non è più un disvalore.

Essere soli dà invece la misura esatta della genuinità, dell'onestà e del complessivo valore del proprio contributo e progetto cui si partecipa.


Danilo D'Antonio
Laboratorio Eudemonia



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