Una seria questione di legalità



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L'assegnazione a vita, senza limite di tempo, d'un bene collettivo, d'una comproprietà, ad una persona, impedendo la fruizione del bene agli altri proprietari, ne fa decadere la qualifica stessa di collettivo, di proprietà comune, e la riduce a mero dominio di alcuni, privato d'accesso ad altri. Una tale cessione, definitiva per i coevi, palesemente non può essere eseguita senza che tutti gli aventi diritto sul bene siano prima adeguatamente informati sulla grave perdita che essi subiranno. In caso di mancato adempimento, l'atto può essere considerato nullo.

1° quesito: come mai i cittadini italiani/europei non son mai stati interpellati in merito alle conseguenze della cessione a vita, quindi per loro praticamente definitiva, della più gran parte di quel fondamentale bene collettivo, di quella basilare comproprietà: la res publica, che sono gli impieghi, poteri e redditi pubblici tutti?

2° quesito: visto il mancato adempimento d'informazione che c'è stato verso i cittadini, in merito alla perdita della parte più sostanziosa della centralità pubblica, nientemeno che della loro Repubblica, quindi dello stesso carattere fondante la Democrazia, può l'atto d'assegnazione a vita d'un pubblico impiego esser considerato nullo?

3° quesito: se quanto detto corrispondesse al giusto, considerato che a non adempiere ai doveri del caso sarebbero stati proprio coloro i quali erano deputati a far conoscere e rispettare la legge, considerato che proprio non ottemperandovi essi hanno anzi preso definitivo possesso del bene comune, della proprietà collettiva nazionale, della res publica, monopolizzandola e privando il resto della popolazione d'un legittimo e primario diritto, potrebbe il loro essere considerato un intento ed atto criminoso vero e proprio da perseguirsi a norma della stessa legge che non applicarono? In caso affermativo, nel caso costoro avessero agito non seguendo l'interesse della collettività ma loro personale, potrebbero essere chiamati a rispondere personalmente del danno subìto dai singoli individui e dalla società in conseguenza della mancata applicazione di quelle regole, chiare e definite, che, se rispettate, avrebbero pure permesso una agevole evoluzione del Paese nel corso dei vari ultimi decenni?

Essendo i magistrati, costituzionalisti, docenti universitari e tutti gli altri innumerevoli attuali proprietari dell'indebitamente permasto stato monarchico (perché tale effettivamente costoro hanno mantenuto la centralità con l'assunzione a vita, escludendo la partecipazione di tante altre persone aventi pari diritti, requisiti e competenze professionali) cui gli stessi pollitici e governi si son sempre rivolti per consiglio e che comunque sempre devono subire, venendo da essi addomesticati/educati/formati/inculcati fin da piccoli, affetti da evidente e totale conflitto d'interessi in merito alle ipotesi sovradette, a chi può essere affidato il compito di dirimere obiettivamente la questione?








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